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[RECENSIONE] Call Of Duty Black Ops 2, Fonti: multiplayer.it

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view post Posted on 24/1/2013, 21:12      

ed è quando tocchi il fondo che hai la voglia di rinascere più forte di prima

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Come per la recensione del primo Black Ops anche ora è impossibile sintetizzare la trama del gioco senza cadere in spoiler. Abbiamo un "cattivo", Menendez che da semplice boss del narcotraffico negli anni 80 è arrivato quasi quarant'anni dopo, nel 2025, a essere arbitro del destino del mondo. Sarà lui che potrà accendere la miccia della terza guerra mondiale tra gli Stati Uniti e la Cina. Le sue motivazioni sono antiche. Il suo odio verso gli Stati Uniti sembra andare oltre le divergenze geopolitiche. Ma qui ci fermiamo, ci stiamo avvicinando troppo alla zona pericolo. La storia scritta da David Goyer, l'uomo al quale dobbiamo la sceneggiatura tra gli altri della trilogia del Batman di Nolan e del prossimo Superman, mette in scena con continui balzi tra la guerra fredda "vera" e quella futuribile, l'incessante caccia della CIA a Menendez. Per questo motivo affrontiamo nei panni di Mason senior i teatri di battaglia delle cosiddette proxi war, ovvero le guerre "per procura" che vedevano impegnati americani e sovietici attraverso attori di secondo piano, combattendo in Angola, Afghanistan, Nicaragua e Panama. Nel 2025 la guerra arriva in casa, non prima però ad esempio di incrociare la strada con l'ISI, il famigerato servizio segreto pakistano e di effettuare una bella incursione in territorio birmano. Ma anche qui è meglio non andare oltre nel raccontare il giro del mondo di Mason junior e dello scorbutico Harper. La struttura della campagna è quindi simile a quella del primo capitolo, ma Treyarch mischia le carte in tavola con un inedito sistema a bivi che grazie ai finali multipli e agli innumerevoli snodi sparsi per le oltre sette ore di gioco (a difficoltà normale) ci fa parlare di una rigiocabilità davvero alta per il titolo. Un aneddoto è più efficace di mille spiegazioni per raccontare il complesso percorso narrativo messo in piedi dai ragazzi americani. Call of Duty: Black Ops II è stato testato in una lunga review session a Londra dove tutta la stampa europea ha potuto provare il gioco simultaneamente. Una volta terminata la campagna è nato un bel confronto per verificare le esperienze di gioco con gli altri giornalisti presenti. Abbiamo molto spesso fatto scelte differenti, visto finali diversi e abbiamo imboccato, più o meno consciamente, sentieri di progressione narrativa divergenti. Quando poi abbiamo chiesto lumi a Treyarch, abbiamo scoperto che in molte situazioni avremmo potuto scegliere di fare cose non immediatamente riconoscibili. In pratica non c'è un finale "buono" o uno "cattivo", ma diverse sfumature tra l'uno e l'altro che cambiano l'esito finale e che influenzeranno il probabile terzo capitolo. Come si è arrivati a ciò? In alcuni momenti, che potremmo definire topici, ci viene chiesto ad esempio se uccidere o meno qualcuno, e questo ovviamente avrà un risvolto tangibile sulla prossima missione, normale o Strikeforce che sia. A volte però mancano segnali palesi di queste biforcazioni, è come se prendessimo una strada senza però vederne l'incrocio. A rendere il tutto ancor più strutturato a livello di scrittura se si è attenti ai dialoghi è possibile deviare momentaneamente dall'obiettivo principale per ottenere informazioni aggiuntive sulla missione o sui personaggi e la cosa potrà facilitarci o magari rendere più ardua la scelta successiva avendo un più chiaro punto di vista su cosa stiamo facendo e su come sta evolvendo il tutto. È questo il punto di forza di Call of Duty: Black Ops II. La maggior parte delle missioni non hanno un obiettivo univoco. Il ritmo è altissimo, i colpi di scena non mancano mai, e spesso e volentieri cambiano del tutto durante lo svolgimento, ribaltando completamente quanto si era giocato precedentemente. Un vorticoso susseguirsi di personaggi e situazioni davvero spiazzante che può quasi lasciare interdetti nelle prime battute, ma solo alla fine, qualunque essa sia, si avrà un quadro chiaro e nitido della situazione. Fermo restando che in alcuni momenti si può far fatica a capire il complesso intreccio e le molteplici diramazioni della trama. Per certi versi le vicende sono meno "affascinanti" rispetto a quelle di Black Ops, d'altronde la storia, quella con la s maiuscola qui è meno forte e d'impatto (pochi conosceranno Noriega e lo scandalo Iran-Contra) a vantaggio però di un racconto che ci fa rimanere incollati per il tutto il gioco, mai banale e che stupisce per inventiva, durezza e varietà di situazioni. Insomma vista l'impossibilità di stravolgere dalle fondamenta le meccaniche chiave del franchise, la scelta di spingere forte sul comparto narrativo è un segnale che Treyarch non ha voluto realizzare il solito FPS bellico. Se già con il primo Black Ops i ragazzi americani avevano reso chiara questa deriva, ora sono riusciti nel cambiare le regole del gioco. Ovviamente non stiamo parlando di qualcosa di originale in senso assoluto ma, nell'ottica del genere di appartenenza e della serie nel suo totale, ci troviamo di fronte a qualcosa che segna quasi uno step evolutivo, un bel passo avanti per andare oltre il solito spara spara.

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E poi ci sono gli zombie. Treayarch ci aveva promesso una campagna, più che una successione di mappe slegate, e senza dubbio da un punto di vista prettamente quantitativo siamo certamente da quelle parti, ma parlare di campagna vera e propria è francamente eccessivo. In TranZit un massimo di quattro giocatori, anche in split screen, possono esplorare salendo su un bus, diverse zone della contea di Green Run. Possiamo salire e scendere quando vogliamo, ma è caldamente sconsigliato affrontare la strada e la nebbia che separano le diverse location, anche se tra nemici più letali, oggetti bonus, zone segrete e easter egg ne vale sicuramente la pena. Le regole del gioco sono le solite. Porte da aprire che rivelano nuove aree, armi e perk da comprare. La novità più grande è quella relativa agli elementi da costruire. All'interno della stazione degli autobus, della fattoria, del laboratorio, del diner e della città sono disseminati degli oggetti che se portati in particolari tavoli da lavoro possono esser combinati per costruire oggetti difensivi e offensivi, ma anche utili per sbloccare porte senza passare per il pagamento dei tanto sudati dollari. Inizialmente si può realizzare una sorta di ventilatore per spalancare le entrate, più avanti un rostro da applicare sul paraurti del bus, ma anche l'utilissimo scudo da spalla o da piantare a terra. Il problema è che il gioco non ci da nessun hint al riguardo, non c'è nessun indicatore o texture diversa che indichi cosa cercare. Un bel problema insomma, decisamente frustrante nelle prime partite anche perché si inizierà a spingere X furiosamente appena si vede qualcosa di strano. Una scelta senza dubbio azzeccata nell'ottica survival, un po' meno, almeno nelle prime battute, a livello di gameplay. Il cuore del gioco è rimasto quello, le ondate si susseguono incessanti e via via più difficili, ma la possibilità di salire sul bus, e magari restarci per tutto il tempo, visitando altre zone e scoprendo nuovi segreti è un bel passo avanti rispetto al passato. Non ci troveremo di fronte ad una campagna con tutti i crismi del caso, ma l'obiettivo comunque è stato centrato. Se poi non si ha voglia di girare in tondo per Green Run c'è il classico Sopravvivenza ambientato in una singola location e Dolore in cui si affrontano due squadre umane avversarie contro gli zombie. L'ultimo umano che rimane in vita vince. Peccato solo che una volta rimasti da soli nella mappa se non si riesce a terminare l'assalto dei non morti l'ondata ripartirà da capo e con tutti i giocatori vivi. E visto che più si va avanti più la battaglia diventa dura, quasi al limite dell'impossibile, con meno soldi e armi dal danno dimezzato, non è raro entrare in un circolo vizioso di continue ripartenze dal quale non uscirà praticamente mai un vincitore. Ma da un punto di vista visivo come siamo messi quest'anno? Treyarch in sede di reaveal ci aveva promesso un travaso di effettistica PC su console, in modo da rendere meno traumatico l'impatto con un motore che seppur garantendo un frame rate granitico ancorato ai 60 fotogrammi al secondo, mostra sempre di più la sua età. Il revamping è in tal senso molto visibile per quello che riguarda illuminazione, modelli (le animazioni facciali sono un punto di forza) e shader, e in seconda battuta su conta e modellazione poligonale. Alcune missioni, come quelle notturne in Birmania e Pakistan creano un quadro visivo che non ha nulla da invidiare a titoli più tecnicamente blasonati, in un tripudio di luci ed effetti speciali, mentre delle altre, quelle "baciate dal sole" si apprezza la generale pulizia e ottimizzazione, ma mostrano di più i segni del tempo sulle texture. Il multiplayer rende più palesi le difficoltà del motore, ma le mappe appaiono senza dubbio più ricche e costruite del solito. Intendiamoci, il look generale è come al solito di grande impatto, con ambienti più dettagliati e meno "fermi", in tal senso la regia di Treyarch ci mostra ed esalta solo quello che loro vogliono che noi si veda, ma a costo di ripeterci, la prossima generazione è quello che ci vuole per il franchise. Nulla possiamo dire sulla bontà del doppiaggio italiano e sulla prova di Giancarlo Giannini nei panni di Menendez, visto che la versione che abbiamo provato era quella americana. Di grande valore poi la colonna sonora, scritta da Sua Maestà Industrial Trent Reznor.

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Premetto che il gioco non ce l'ho e non lo prenderò mai (forse quando costerà poco) call of duty non mi è mai piaciuto, preferisco sparattutto come crysis 2 o comunque più futuristici e con più varietà, ma un mio amico che è molto appassionato ha detto che prenderlo ne vale la pena. :D
 
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