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Non è una rappresentazione fedele della realtà del mondo esterno che ci circonda, piuttosto si tratta di una fotografia della condizione dell’uomo contemporaneo, del suo senso di solitudine interiore che egli esperisce nonostante si ritrovi nel contesto urbano in cui è solito vivere.
Il colore è steso a macchie, lascia i contorni sfumati e indefiniti negli elementi figurativi che mette in scena e ha sempre una forte energia vitale. È un colore utilizzato in modo spontaneo che crea le forme e i volumi delle sue figure o di altri elementi, ma non li definisce con precisione e fedeltà alla realtà.
Si evoca qui una dimensione tragica dell’esistenza che non ammette una via d’uscita per l’uomo ed è necessario abbandonare ogni strumento razionale per approcciare a questo genere di opere lasciandoci guidare solamente dalle emozioni che proviamo. È un dipinto che con i colori e con queste forme “galleggianti” ci suggerisce un’idea completamente opposta a quella di immobilità, staticità e bidimensionalità come a prima vista ci potrebbe, invece, apparire.
Vi si respira una spiritualità che non si riferisce a una religione specifica, ma a un bisogno universale dell’uomo di giungere a un approdo, cioè a ottenere una risposta sul senso della sua esistenza. L’approdo è drammatico in quanto tutta l’esistenza è incerta e la morte è l’unica certezza.
Alla fine si giunge a un’assenza che si materializza sotto forma di buio. In breve il percorso è questo: una visione mistica che passa attraverso il colore vibrante di luce per approdare a questa oscurità. Certamente è un'opera che richiede un impegno enorme da parte dei fruitori, una sensibilità fortissima da parte nostra per scendere nel baratro più profondo dell’esistenza.

È una finestra dello spirito il cui approdo è quello di una visione contemplativa in cui si raggiunge la più vera e profonda autenticità dell’essere.
Una visione di verità sull’uomo.