Sono alter ego. Nomi duplicati, prodotti in serie. La tag del writer come la Marilyn di Warhol. Nel caso: l' anagrafe dice Andrea, il suo doppio è Humen. E Humen è incontinente. Ha firmato di vernice quasi tutti i portoni e le vetrine di corso di Porta Ticinese. È l' incubo della gente del quartiere. «Si lamentano? Problemi loro, io mi diverto così». Saranno più di cento le sue tag, solo qui. Una occupa l' intera facciata di un palazzo in San Lorenzo. «È una passione. E la gente mi fa ridere quando dice che siamo imbrattatori: meglio i disegni di una città grigia. Per non dire della Moratti...». È il suo sindaco, Letizia Moratti. «Ed è mega-odiata da noi. Ci lasci perdere, pensi invece a chi spaccia droga, violenta le donne e molesta i bambini. Questa roba che il Comune pensa più ai graffitari che ai pedofili mi fa schifo». La Milano dei writer è una fuga continua. Ragazzi e ragazze si muovono di notte, i cappucci sugli occhi. Si sentono braccati. Quanti sono? «Tra "sfigati" e capaci, tra pischelli e professionisti che fanno solo i treni - ché ci vuole fegato - saremo almeno duemila». Le crew - i gruppi - si conoscono, si sciolgono e si fondono. In alcuni casi si odiano. C' è chi dipinge e chi buffa (cancella) i pezzi degli altri. Ci sono le gerarchie: «Più roba fai, più vieni rispettato. Più fai robe rischiose e più acquisti fama». E la fama si misura in strada. I ritrovi: il bar-tabacchi in San Lorenzo, il Rattazzo di via Vetere. «Sì, capita che i bambinetti ti riconoscano». E allora viva Panda, Rocks, Siko e Phaz. Idoli. Ma «mai» vandali, ché «abbiamo rispetto per monumenti e palazzi storici». Una regola non scritta, d' accordo, «ma quelli che scrivono sulle Colonne vanno bastonati. Chi sfregia l' arte o è un ubriacone, o un deficiente, o un pischello». Biografia di un graffitaro. Humen ha 22 anni. Quartiere d' origine: Romolo. Primo metrò a 16 anni: un pannello con firma verde su un treno a Famagosta. «Sapevamo che la porta era aperta, ci siamo infilati in un sottopasso...». Una scarica d' adrenalina. «La street art è uno sfogo per quando sei nervoso. Il treno ti piglia...». Ti prende la sfida di eludere i controlli, trovare i varchi, prendere posizione. I writer sono fobici. Mappano le stazioni, conoscono turni dei dipendenti Atm e Trenitalia, sanno a memoria gli orari dei convogli («Così puoi fotografare i tuoi murales»). Le telecamere? «Ce ne freghiamo». Un altro racconta: «Capita pure che ti beccano e ti danno un sacco di botte». Ma i lividi passano. Le denunce fanno il loro corso. L' istinto resta: «Io sono contro la droghe, non fumo - chiosa Humen -. I graffiti sono il mio vizio». E i controlli di polizia e carabinieri? Funzionano così. Domanda: «Perché hai le bombolette in tasca? hai fatto altre scritte?». Risposta: «No, dipingo le bici». Tanti saluti e arrivederci. Nel 2007, i writer hanno guadagnato 71 titoli sui giornali. Più di stupri e violenze. E Milano è la città in cui «l' emergenza» si sente di più, con i comitati a raccogliere firme e il Comune a chiedere al governo leggi più severe. Eppure, la campagna sulla pulizia dei graffiti è «un mezzo flop» per stessa ammissione di Palazzo Marino: «Il servizio è stato richiesto da un palazzo su cinque. Gli inquilini sanno che è una battaglia persa». D' altra parte, la mostra più visitata dell' anno l' ha ospitata il Pac: Street art, sweet art. Un successo «scandaloso» per i writer duri e puri, quelli tutti strada e treni: «Le tele non c' entrano niente coi graffiti, che sono illegali per natura». E se il Comune «dicesse "potete dipingere quel muro o quel metrò", noi smettiamo, perché non c' è più quella cosa di sfidare i divieti». E rischiare grosso. Cinque anni fa, la notte del 14 giugno 2002. Un sabato. Marco, 14 anni viene investito da una scarica di 750 volts. Muore nella galleria del metrò tra Rovereto e Pasteur. Era al suo primo graffito. «Eravamo nella stessa crew», racconta Humen. Uno è morto, l' altro non ha «mai» pensato di smettere. Nemmeno quella notte, «perché si conosce gente e si gira il mondo». Un divertimento che è pure a basso prezzo: una bomboletta costa tre 3,30 euro, con dieci euro si dipinge un treno intero. «E meno male che dipingo», sorride Humen, che «molti ragazzi della mia età non sanno cosa fare, si perdono, iniziano a spacciare per quattro soldi». Periferie di Milano, cattive maestre. Peggio: madri assenti. «Non c' è niente, questa città è un deserto». * * * 2mila I GRAFFITARI maschi e femmine, dai 12 anni in su, che lascino scritte sui muri, portoni e treni della città